L’ABORTO FA PARTE DELLA GUERRA

 


L’aborto come la guerra, la produzione e il commercio di armi; il Signore della vita invocato nel ricordare le
“tante altre emergenze che portano con sé i patimenti dl molte persone”; un pensiero rivolto all’Europa affinché liberandosi “dall’egoismo degli interessi di parte vada incontro al futuro sulla via della solidarietà”.

C’è un filo conduttore nelle meditazioni di papa Francesco nella veglia pasquale e nell’omelia di Pasqua: l’amore per ogni vita umana e per tutta la vita umana.
“Mettiamo a lacere le grida di morte, basta guerre! Si fermino la produzione e il commercio delle armi, perché di pane e non di fucili abbiamo bisogno. Cessino gli aborti. che uccidono la vita innocente”. “Una guerra dei potenti conto i deboli”: l’aveva definita san Giovanni Paolo II.
Che cosa c’entri l’aborto – che si consuma nel silenzio e che rende come mai esistito un essere umano – con il fragore delle armi belliche, con la paura di intere popolazioni, con immagini di fughe ed esplosioni, con un dolore manifesto, con azioni politiche internazionali?
Eppure la legittimazione degli Stati, la collaborazione degli operatori sanitari e la diffusa mentalità che rende socialmente rispettabile l’aborto non ne cancella la natura dl guerra, se la guerra è caratterizzata da una forza che, impadronendosi dei cuori e delle menti, si organizza per uccidere e per uccidere ha bisogno di mentire negando il valore dell’altro, diminuendone l’umanità. L’altro deve scomparire non solo fisicamente ma anche nella mente di chi uccide o si fa promotore dell’uccisione, I “fucili” sono i ferri chirurgici, i prodotti chimici come i “pesticidi” che distruggono i figli nel grembo della mamma. Ma fucile è prima di tutto la cultura che rifiuta lo sguardo sul figlio concepito. Il pane invece è lo sguardo d’amore sul figlio e sulla madre, la condivisione e sostegno che ne derivano, come fanno i tanti Centri di aiuto alla vita. Ma pane è anche la misericordia per le donne che, vittime di pressioni e condizionamenti, hanno preso un’altra strada.
L’accostamento tra l’aborto e la guerra ci dice che la questione della vita nascente non è affatto marginale ed è nodo sociale di primaria importanza: nella questione della vita nascente è infatti inscritta la questione di tutta la vita; se la guerra è posta al principio dell’esistenza umana, tutta l’esistenza è minacciata dalla guerra.
Ecco perché santa Madre Teresa di Calcutta diceva che
“l’aborto è il più grande distruttore della pace”. Se, viceversa, sin dall’inizio, nel concepimento di ogni essere umano, trionfa anche attraverso l’organizzazione della società e delle sue leggi la logica dell’accoglienza e della solidarietà. ecco che viene illuminata tutta la vita, e si rinforzano le istanze della solidarietà e dell’accoglienza su tutti i fronti. Quei fronti per i quali giustamente papa Francesco ha invocato il Signore della vita. Le crisi umanitarie, le “tante persone rifugiate e sfollate, a causa di guerre, siccità e carestia, i tanti migranti e rifugiati, molti dei quali sono bambini, che vivono in condizioni insopportabili, la popolazione che soffre a causa della grave congiuntura politica, socio-economica e sanitaria”.
L’amore per la vita umana riecheggia nell’attenzione che papa Francesco rivolge al Vecchio Continente invitandolo a smarcarsi dalla “tentazione di un ritorno al passato. con il rischio di mettere a dura prova la convivenza pacifica e lo sviluppo delle prossime generazioni”. La via da imboccare indicata dal Pontefice è riconoscersi tutti parte di un’unica famiglia e sostenersi a vicenda; affrontare una sfida epocale, dalla quale dipenderà non solo il futuro dell’Europa ma quello del mondo intero: dare “ulteriore prova di solidarietà, anche ricorrendo a soluzioni innovative”. Papa Francesco ci ha detto che non si può estromettere la vita nascente dai temi della solidarietà, della giustizia sociale, dell’uguaglianza, della povertà, della pace e della fratellanza, perché lo sguardo sulla vita umana che inizia fa vedere meglio tutto l’orizzonte della vita. E dischiude un futuro di speranza.

                          MARINA CASINI BANDINI

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