L’INDIMENTICABILE MARATONETA DELLA COMMOZIONE

 

Sapevo che da qualche tempo si era ritirato presso la casa madre dei Figli di Maria Immacolata in quel di Genova per l’età avanzata che non gli permetteva più di svolgere il suo servizio sacerdotale soprattutto nelle riflessioni all’ambone che per lui erano ormai di sofferta esecuzione.

Io ho spesso collaborato con lui nella stesura della rivista “Il chierichetto” sia nell’esecuzione dei disegni che nella redazione del testo e ho potuto constatare quanto fosse amato dai suoi chierichetti e quanti di loro siano stati formati dal suo infaticabile e gioviale zelo.

Mi mise tanta amarezza il suo prematuro ritiro. Volli telefonargli, sentirlo, dirgli quanto era nel cuore di tutti. Fui fraternamente dissuaso dal proseguire nella conversazione quando le sue brevi, anzi brevissime risposte alle mie accalorate domande non erano che un ripetitivo: ” Sono commosso, sono commosso “pur se espresso con sincera intenzione.

Gli inviai poi gli auguri natalizi come ero solito fare nell’imminenza delle sante festività ai quali seguì il silenzio e la pura notizia della sua scomparsa.

Padre Antenore è stato una figura di delizioso riserbo e di convenevole vivacità che ha colorito per anni il variegato panorama sacerdotale di S. Maria Ausiliatrice.

Chi era e quali erano le sue caratteristiche note preferenziali? Per me era una carissima e particolare figura di sacerdote dedito a servire ma da servitore umilissimo, con un carattere estroverso in tutta la sua estensione di ricchezza, però io ne contemplavo il pregare sacro, interiore pur se leggermente gestualizzato. Insomma padre Antenore era padre Antenore, nient’altro, un vero prete!

L’avevo perso di vista da qualche anno, non molti a dire il vero, ma mi mancava il non vederlo trotterellare lungo i disastrati marciapiedi nei meriggi assolati perché purtroppo l’incalzare dell’età lo rendeva con sofferta pena inadatto a svolgere correttamente il suo amatissimo ministero, specie quello all’altare che lo riempiva di una tenerezza sacerdotale di mistico fanciullo.

Eravamo amici, un’amicizia che lui concedeva con amabile indulgenza nonostante i suoi inevitabili sbotti di apparente sgraziato riserbo: quanti incontri per strada, in chiesa, nei vari servizi o nelle deliziose festicciole della chiesa vecchia, cui raramente partecipava.

Quanti interminabili passi ti ha visto percorrere la nostra bella Verona, senza che tu possa averla conosciuta perché eri sempre attento al tuo servizio che onoravi con umile puntualità.

Mi piace immaginare che questo tuo impareggiabile andare un giorno, forse, ti ha portato lungo una stretta stradina che diveniva sempre più luminosa, fino a raggiungere un’ampia porta lucente con a lato un portiere robusto dalle canizie candide e con in mano chiavi dorate, lucenti come stelle

così si è concluso il tuo infaticabile pellegrinare.

Caro padre Antenore, in quella pienezza di luce è stato accolto il tuo cammino, umile e servizievole servo sempre ubbidiente e gioviale.

“Bruno!” mi avevi accostato lungo la strada, “dove vai?”

“A casa, padre!” “Anch’io!” mi dicesti col viso simpatico.

Chissà quanti chilometri quel giorno avevi macinato. Ora a casa sei giunto per sempre per il ben meritato riposo.

Ah, padre, permetti che ti ripeta riconoscente e con il cuore gonfio, ciò che a noi ripetevi spesso nei momenti di amichevole commiato: “Sono commosso, sono commosso”. Commosso e credimi, padre, non sono solo parole!

Bruno

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