IL PERDONO NELLA COPPIA COME

SPECCHIO DELLA TENEREZZA DI DIO

 

RIFLESSIONE


Molto spesso ho affrontato negli incontri tenuti con coppie il senso e il valore del perdono. E’ difficile parlare, nella nostra società, di un valore che dovrebbe essere il fulcro di ogni rapporto sia nella coppia che all’interno della famiglia. La difficoltà nasce dalla nostra fragilità, dall’incapacità a volte di far morire il proprio orgoglio, le proprie ragioni per poter accogliere e comprendere le ragioni dell’altro. Non c’è nulla di più bello che sentirsi capiti, e non c’è più nulla e deludente, che il non sentirsi capiti, specialmente quando questa incomprensione proviene da chi dovrebbe amarci.
Il perdono diventa importantissimo lungo un cammino fatto di piccole o grandi incomprensioni. L’esperienza, della lacerazione, della conflittualità, della crisi di coppia, sono segno della radicale povertà: il sentirsi nudi e impotenti. Siamo stati creati al vertice della creazione ma proveniamo
dalla terra ci ricorda il racconto della Creazione.
Il perdono diviene quella realtà “tipica-
mente umana” che dà la possibilità di costruire ponti sui baratri, di ripercorrere strade che sembravano definitivamente interrotte. Questo diviene possibile solamente quando ci educhiamo ad “essere” tenerezza. Essa non è “tenerume”, “smanceria”, “atteggiamento svenevole”, ma è “soave commozione”, “affetto dolce e delicato”.
La tenerezza si oppone a due atteggiamenti piuttosto diffusi quasi sempre connessi fra di loro: la durezza di cuore, intesa come barriera, muro, rigidità, chiusura mentale, e il ripiegamento su di sé come egocentrismo, incapacità a volgersi all’altro, rifiuto e di dialogo e di scambio.
La tenerezza al contrario è flessibilità, permeabilità, apertura di cuore, disponibilità al cambiamento. La tenerezza non rappresenta un optional, ma una vocazione profonda che umanizza la persona e la rende amorevole, capace di ascolto, di accettazione, di giusta stima e tolleranza.
Essa avviene, accade, la sperimentiamo; ma esige di essere assunta nel vissuto concreto della nostra esistenza:
“ Il sentimento della tenerezza porta con sé un’analoga ambivalenza: ci è dato come un ricco potenziale di sensibilità, volto all’accoglienza e al dono, allo scambio amicale e all’amabilità, ma esige di essere incanalato nella giusta direzione, in risposta al disegno di Dio sulla nostra vita e sul mondo. Vivere l’esistenza con tenerezza non è dunque un dato scontato: suppone un cammino e richiede una disciplina. La tenerezza ha bisogno di incontrarsi con la ricerca della maturità e viceversa. L’una sostiene l’altra e la manifesta. Solo assumendo la tenerezza in un’ottica di questo genere è possibile evitare il pericolo di viverla come una compensazione affettiva o un’acquiscenza ai vuoti del cuore umano, oppure ridurla a dipendenza psicologica o strumentalizzarla a fini di potere sull’altro/a da sé”.
Il perdono e la tenerezza, dunque, si colgono l’uno nell’altra, come in un gioco di specchi l’uno si specchia nell’altro, l’uno non vive senza l’altra. Il perdono senza la tenerezza sarebbe svuotato del suo dinamismo affettivo, la tenerezza senza il perdono rischierebbe di ridursi a un episodio di natura solo emotiva o superficiale.
La coppia cri-
stiana per vive-
re in profondità questa esperi-
enza deve vol-
gere lo sguardo al Dio di Gesù Cristo, il Dio della tenerezza misericordiosa. L’appello a essere “misericordiosi come è misericordioso il Padre che sta nei cieli” (Lc 6,36) rimanda all’imperativo: diventare testimoni della tenerezza di Dio! Nell’Incarnationis Misterium, Giovanni Paolo II afferma che il perdono:
“È uno degli elementi costitutivi dell’evento giubilare. In esso si manifesta la pienezza della misericordia del Padre, che a tutti viene incontro con il suo amore…”.
Il perdono, dunque, diviene il segno tangibile dell’amore misericordioso di Dio

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