Ricordo dl don Piero Casati

Mi si chiede di stendere un ricordo di Don Piero, forse perché la nostra famiglia appartiene al primo nucleo di Parrocchia sorta a Ponte Crencano e dedicata a Santa Maria Ausiliatrice da più di quarant’anni. Lo faccio volentieri e con animo grato, consapevole che tanti altri potranno completare le mie riflessioni con le proprie esperienze di figli e amici di Don Piero.
Eravamo in tanti a dargli l’ultimo addio nel Duomo di Bussolengo, mercoledì 30 Marzo, quasi per ricambiare quei saluti “rumorosi” che, con la sua indomabile voce, scandiva con quanti incontrava. Entrava in Quartiere prima con il motorino e successivamente con la macchina, strombettando per avvertire della sua presenza e disponibilità. Con i ragazzi di allora aveva coniato un “undicesimo comandamento”: non toccare la macchina di Don Piero.
Ecco, i ragazzi: furono il suo primo campo di lavoro apostolico fra noi e furono coloro che con qualche “crogno” sulla testa, si lasciarono maggiormente coinvolgere dal suo entusiasmo, dai suoi richiami, dall’amore alla nostra piccola Chiesa provvisoria, che li vedeva devoti chierichetti, amalgamati cantori, assidui partecipanti alla catechesi, ai Sacramenti, alle feste patronali. Tutto ciò fu preludio e conseguenza di iniziative di tempo libero: lo sport, la passione per la montagna, i campi estivi sostenuti dai validissimi Curati di allora, le giterelle del mercoledì, che si riservò sempre come giorno personale, quando caricava nella sua macchina quanti ragazzi più poteva per portarli alla scoperta di cose sollevanti.
Questo è stato il primo Don Piero; entusiasta, chiassoso, cordiale con tutti, animatore sbrigliato di iniziative che richiamassero in Parrocchia e nel Quartiere maggior gente possibile, come la “4 Passi di Primavera”, giunta alla 33.a edizione di quest’anno, i Giochi della Gioventù, in collaborazione con gli insegnanti della locale Scuola Elementare, l’Unione Sportiva Cadore.
Tuttavia, conviveva con la sua anima un po’ sbarazzina la coscienza della sua missione sacerdotale che non si è mai offuscata e che abbiamo ritrovata alla vigilia della sua dipartita quando, lo scorso Giovedì Santo, degente ormai da mesi a Casa Perez di Negrar ed in carrozzella, si fece condurre nella Cappella per vivere la Celebrazione Eucaristica a ricordo dell’istituzione del Sacerdozio.
Fu la sua ultima Messa, perché quella della Resurrezione la visse con il Risorto. Mi sembra giusto a questo punto ricordare anche Don Piero Parroco: preciso, puntuale, esigente, un po’ tradizionalista e formale che tuttavia si lasciò conquistare dalla Riforma Liturgica di quegli anni, dallo spazio ai laici, dalla collaborazione con altri Sacerdoti, dal riconoscimento della Diocesi come centro propulsore anche nell’animazione parrocchiale, come volle il Concilio. Dedicò una particolare cura agli ammalati che visitava sia in casa che in ospedale, quasi presagendo che un giorno avrebbe anch’egli provato la malattia, la solitudine, la paura, il desiderio di vedersi ricordato, sorretto, rianimato. Il periodo che egli trascorse come Cappellano all’Ospedale di Bussolengo, fu un altro dei suoi tempi più apprezzati anche perché spesso ricordava l’assidua assistenza offerta al suo papà, fino all’ultimo respiro.
È difficile sintetizzare questa vita: varia, talora difficile, qualche volta corrugata, tuttavia sempre capace di stare in compagnia, con il canto, con la battuta, dinanzi ad un gustoso piatto familiare o ad un buon bicchiere di vino. Penso che Don Piero abbia sempre rincorso un unico obiettivo: nei modi più diversi portare anime a Cristo e Cristo alle anime.
Concludo con il canto nostalgico che l’ha salutato a Bussolengo, che si fa preghiera: “Signore delle cime un nostro amico hai chiesto alla montagna, ma ti preghiamo, su nel Paradiso, lascialo andare per le tue montagne!”
Amelia Rocca

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