LA PARROCCHIA DI
 
S. MARIA AUSILIATRICE
 
HA LA SUA CHIESA

 
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Dopo quasi vent’anni dall’erezione a parrocchia, avvenuta il 3 dicembre 1963, la comunità parrocchiale di S. Maria Ausiliatrice ha finalmente la sua chiesa. Certo non è finita nei dettagli, né impreziosita da opere d’arte, ma è completa nelle strutture essenziali ed agibile al culto per le quasi ottomila anime che compongono il quartiere.

La parrocchia funzionò i primi anni presso la rettoria di S. Giuliano dei PP. Camilliani. Furono Vicari Economi Don Ivo Bozza fino al 1965 e Don Pietro Casati, divenuto poi parroco dal 1967 al 1973.
Il piano regolatore prevedeva fin dagli inizi la chiesa proprio al centro del quartiere ma il terreno era di proprietà privata e si dovette pagare una cifra considerevole per accaparrarlo alla parrocchia.
Da quel momento si cominciò a pensare alla chiesa ma la popolazione era ancora troppo poca per essere in grado di costruire una chiesa definitiva. Si decise per una cappella provvisoria, in muratura, che venne inaugurata da Mons. Carraro il 1° maggio 1966. Era isolata nel vasto su cui sorsero nel 1969 le opere parrocchiali (canonica e sale) ed un campo di calcio che costituì per dieci anni lo sfogo sportivo per centinaia di ragazzi e diede la possibilità di dar vita a numerose manifestazioni popolari, tutto ciò contribuì a far apprezzare alle famiglie la disponibilità della parrocchia anche in campo sociale. In verità, in quegli anni, gli ambienti parrocchiali furono centro e spazio vitale per tante iniziative poiché non esistevano altre strutture in grado di accogliere la gente. l primi tentativi di voce comunitaria per il verde pubblico, la viabilità, le strutture scolastiche, i problemi umani del quartiere (quando ancora non si parlava né di Consigli di quartiere, né di Circoscrizioni) si composero ed uscirono dalle sali parrocchiali; così pure la sensibilizzazione per gli organi collegiali scolastici e tante, tante altre esperienze quali: raccolte di sangue. mostre di pittura, convegni, radioamatori, scuole di taglio, scuole di danza, marce a scopo benefico, giochi della gioventù, alcune delle quali perdurano ancora.

Accanto al Parroco, si susseguirono come curati Don Giuseppe Righini, Don Adriano Sandri, Don Francesco Zorzi, Don Antonio Schizzerotto.
Ogni mese, intanto, una rete di raccoglitori faceva confluire in parrocchia i mille rivoli delle offerte per la nuova chiesa e bisogna dire che sopratutto la costanza di questo dono, che è andato sempre crescendo, ha incoraggiato a por mano alla costruzione dell’attuale chiesa, in tempi ormai molto difficili che, per di più, si prolungarono per varie cause, facendo lievitare il costo dell’opera.
Nel 1973, la parrocchia fu affidata ai Figli di Maria Immacolata, una congregazione religiosa fondata da Don Frassinetti a Genova ed alla quale il defunto Vescovo Mons. Cardinale aveva promesso l’inserimento nella nostra Diocesi.

Giunsero inizialmente tre sacerdoti: P. Venturino Cacciotti, parroco fino allo scorso anno ed ancora oggi animatore e protagonista della realizzazione della nuova chiesa, P. Giuseppe Cicconi e P. Fausto Bartocci, sostituiti poi da P. Antonio Sconamila e da P. Quinto Celli, attualmente presente con il parroco P. Domenico Bonadonna e P. Leonardo Ciarlo.
Per tutti loro e per molti parrocchiani la costruzione della chiesa fu un punto d’onore che costò anche tante pene: progetti su progetti, approvazioni che non venivano. L’opposizione di una parte della popolazione che si vedeva private del campo sportivo, l’iniziale parere sfavorevole dell’allora Consiglio di quartiere, e poi a fondamenta iniziate, la morte dell’impresario che impose l’arresto dei lavori per più di un anno, la ricerca di una nuova impresa, nuove modifiche, nuove approvazioni e, finalmente, la chiesa. Un prezioso
contributo di lavoro offerto da un gruppo di parrocchiani volontari che hanno realizzato i serramenti in ferro ed in legno ed il montaggio delle grandi vetrate. Altri collaborarono in varia maniera per raccogliere fondi.

Fin qui la storia della parrocchia s’intreccia in modo vitale con quella del quartiere e si può credere che sia cosa positiva se evangelizzazione e promozione umana sono state le scelte della chiesa italiana?
Più difficile è fare la storia religiosa di questa, grande famiglia anche perché la fede non si misura sulla pratica cristiana e certamente esiste anche dove è venuta meno l’assiduità alla liturgia e l’attenzione ai problemi ecclesiali.

Tenendo conto della frequenza alle Messe festive e prefestive, dei piccoli e degli impossibilitati, si può pensare all’incirca ad un trenta per cento dei praticanti. Possiamo aggiungere un altro venti per cento che gravita verso la parrocchia occasionalmente (sacramenti dei figli celebrazioni particolari) o per motivi non religiosi (manifestazioni culturali eccetera); c’e un’altra meta della popolazione che è completamente assente. Sarebbe facile dire «mancano i giovani», e può essere una realtà, ma bisogna avere il coraggio di dire che fra gli assenti ci sono gli adulti ed anche gli anziani. Mentre è ormai tradizionalmente radicata una forte catechesi per i fanciulli ed i ragazzi, l’evangelizzazione dei giovani satellite1 e degli adulti è affidata a sporadiche esperienze, alcune senza mordente, altre incapaci di coinvolgere le persone, altre troppo staccate dalla quotidianità dei problemi famigliari e sociali.

Ci son gruppi di varia natura (ricreativi, culturali, di canto sacro, missionari, in collaborazione con i PP. Camilliani) ma non si riesce a coinvolgerli in itinerari di catechesi organica e permanente del tipo proposto dal recente Magistero ecclesiale. Anche i soci di Azione Cattolica, più che in una esperienza associativa, sono inseriti nella varie realtà parrocchiali.

Un Consiglio pastorale, appena sorto, è speranza di comunione fra sacerdoti e laici e principio di comunità.
La gente è generosa: quando si chiede, da. Ma può essere comodo anche dare denaro e non tempo, attenzione, disponibilità a studiare, a programmare, a tentare.
La nuova chiesa può essere « molto » e niente: ora è qui. maestosa; nella sua dimensione verticale altissima ci porta ad alzare gli occhi e ad incontrarci con la croce luminosa di notte, incastonata nella sommità di un pinnacolo-campaniIe e ad incontrarci anche con il cielo; essa ha però una larga dimensione orizzontale, circolare, che, con alcune strutture a lama che si dipartono dal corpo centrale, sembra voler penetrare
nelle strade adiacenti, nelle case, nei negozi per incontrare la gente e facilitare l`incontro con Cristo.
La nostra chiesa sarà « molto » anche per il quartiere se i credenti non vi entreranno per isolarsi ma per comunicare con Dio e fra di loro e poi uscirne con umile disponibilità a vivere accanto a tutti in conformità al Vangelo.

Amelia Pozzoli Rocca

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